Ma il cappotto termico è davvero eco?

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Negli ultimi anni in Italia si è assistito ad un boom smisurato di lavori di ristrutturazione grazie agli incentivi previsti da superbonus e bonus facciate.

Non si era mai visto un  numero così alto di cantieri…neanche fossimo a Berlino agli inizi degli anni 90…

Il cappotto termico è stato uno degli interventi più diffusi e tra quelli che possono portare più benefici in termini di risparmio energetico. È uno degli interventi fondamentali per accedere al super bonus e rientra tra quelli definiti “trainanti”, cioè che permettono di attivare l’agevolazione a cui legare successivamente altri lavori, sempre per il risparmio energetico.

Il cappotto termico è un rivestimento composto da pannelli isolanti di diverse materie ed il suo scopo è quello di aumentare l’efficienza termica dei sistemi di riscaldamento e di raffreddamento e di diminuire i rumori esterni. Per farlo è necessario rivestire le facciate dell’edificio con del materiale isolante predisposto in appositi pannelli che vengono fissati meccanicamente alle pareti.

Per ottenere un reale beneficio energetico lo spessore del cappotto esterno dovrebbe attestarsi intorno ai 10-12 cm e comunque non scendere mai sotto gli 8 cm.
Fondamentale è la scelta dei materiali isolanti che possiamo dividere in tre categorie: derivati dal Petrolio o dall’Etilene, di origine minerale e materiali naturali.

Derivati dal petrolio o dall’Etilene. La principale fonte di etilene è costituita dal cracking termico del gas naturale, dell’etano e da altri idrocarburi superiori (nafta, gasolio) e dal suo isolamento dai gas ottenuti nei processi di cracking e reforming nelle raffinerie di petrolio.

EPS – polistirene espanso sinterizzato (il più usato in assoluto, anche tra i più infiammabili)

XPS – polistirene estruso

poliuretano

polietilene espanso

resina fenolica (deriva dalla formaldeide)

plastica riciclata (si, può essere anche di plastica…basta che ne contenga una percentuale riciclata…)

 

Materiali minerali

lana di vetro e lana di roccia

perlite espansa

 

Materiali naturali

fibra di legno

canapa

sughero

fibra di cellulosa

lana di pecora

Questi ultimi materiali sono eco- friendly, tra l’altro la fibra di cellulosa  è prodotta con cartone riciclato, carta o legno, è classificato come il miglior materiale per l’isolamento termico da utilizzare per ridurre al minimo anche i danni da incendio.

Quindi di per sé tale intervento sembrerebbe essere l’intervento perfetto ma un numero così alto di lavori, come dicevamo in precedenza, può aver fatto perdere di vista la qualità e la professionalità: se il lavoro non è eseguito a regola d’arte facilmente nel tempo nasceranno dei problemi…

Il consorzio Cortexa  ha fatto un sondaggio intervistando oltre 500 progettisti ed il risultato è che la qualità degli interventi “risulta compromessa dalla consegna in cantiere di prodotti assemblati quindi non Sistemi a Cappotto forniti in kit da un unico produttore, ma come materiali di diversa provenienza messi insieme e privi di certificati Eta e di marcatura Ce.”
Bisogna infatti intendere il cappotto come un  sistema costruttivo unico poiché i diversi materiali convivono e reagiscono tra loro. Non bastano perciò le certificazioni delle singole componenti. Inoltre la qualità degli interventi è inficiata dalla mancanza di progetti dettagliati. Questa situazione costringe l’impresa esecutrice a trovare “soluzioni in cantiere” esponendo il progetto al rischio di gravi errori.

Solo un quarto degli intervistati ha dichiarato di conoscere le norme per la progettazione e posa del cappotto. Inoltre la fretta di chiudere un cantiere per aprirne poi velocemente un altro non gioca certo a favore di un lavoro ben riuscito. A questo si aggiunga che molte ditte hanno assunto operai certamente non qualificati per tali mansioni e pertanto inesperti.
Il problema più grande che comporta il cappotto è che se i lavori non sono eseguiti bene e i materiali non sono scelti con cura, i ponti termici, che sono punti della costruzione in cui si manifestano flussi termici più rapidi rispetto alle parti circostanti provocano scambi di calore maggiore, responsabili delle muffe.

Un muro sano è un muro che respira. Un muro di pietra sarà sempre il più sano e rivestirlo è una pessima idea…

Spesso si è portati a pensare che il cappotto sia una soluzione all’umidità di risalita ma in realtà non è la soluzione anzi aggrava il problema poiché un cappotto termico in un edificio colpito da umidità di risalita ingigantisce il problema di muffa all’interno dell’abitazione poiché le pareti hanno una capacità di evaporazione minore soprattutto in inverno con l’accensione del riscaldamento e di conseguenza si avrà un maggiore rilascio di umidità con l’inevitabile formazione di muffe all’interno dell’abitazione.

Che cos’è l’umidità di risalita e come compare? È quel fenomeno che si verifica quando l’acqua risale la parete: le molecole d’acqua sfruttano il fenomeno della capillarità e risalgono la parete trasportando i sali minerali nella muratura. L’acqua che dal terreno risale è acqua salina e quando evapora il sale cristallizza aumentando il suo volume fino a 12 volte. Ciò danneggia l’intonaco che si sgretola e crea muffe.

L’incompatibilità tra cappotto termico esterno e umidità di risalita appare ora più evidente,come appaiono evidenti le varie problematiche se il lavoro non viene eseguito ad hoc anche se poi risulta certificato. Molti lavori, infatti, devono essere poi rifatti, con la conseguenza che parte dei residui di polistirolo andranno dispersi nell’ambiente…inquinando e sporcando.

Ultima domanda: un cappotto di plastica riciclata può rientrare in una eco-agevolazione??? Si perchè si parla di materiale riciclato, ma nel futuro, in una possibile demolizione dell’abitazione sarà possibile separare nelle macerie la plastica seppur riciclata dal cemento???

La bioedilizia si basa sul fatto che un domani le macerie di un edificio torneranno ad integrarsi in natura…ma tutte queste tonnellate di cappotti di polistirolo o plastica, seppur riciclata, si potranno smaltire davvero???

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